giovedì 22 ottobre 2015

Il collettivo Video & Archeos tra non-fiction e non-immagine


Tra tanti video-artisti italiani meno noti attivi alla fine-inizio millennio è da ricordare il collettivo fiorentino Video & Archeos guidato da Lorenzo Pecchioni. Di questa Video & Archeos mi è capitato anni fa un dvd che mi incuriosì ma solo ora…in questa mia fase di ricerca, sono andata ad indagare più a fondo.
Pecchioni emerge come autore attraverso una crescita lenta, travagliata e introspettiva, i primi titoli sono dei primissimi anni’90 quando chiaramente era ancora un ragazzino. Solo dalla metà degli anni’ 90 il suo linguaggio si fa più consapevole, i corti dilettantistici lascian spazio a opere artistiche compiute.


Con la nascita del collettivo Video &Archeos e la collaborazione di altri autori la ricerca di Pecchioni si diventa più intellettuale con un proposito apparentemente complesso: l’implicazione degli strumenti video in una ritualità collettiva ispirata ai culti degli antichi.
Pecchioni esprime le sue tesi in pubblicazioni e presentandole a giro per l’Italia. A me ovviamente interessano i risultati, non so come siano andate le ritualità….ma certamente da quegli esperimenti sono nate idee originali.

vedi 2Il Fantasma della ricerca2 in cui compare l’autore che gioca con pezzi di cornici di marmo e contenitori d’acqua creando un Jog, simile concettualmente a quello di una vecchia centralina di montaggio. Usandolo manda in tilt lo spaziotempo ri-accordando ricordi, forme geometriche, tra loro.
In “Nel cuore della durata” (2005) una ragazza “recita” una recensione al software di montaggio mentre la timeline che ospita la sua immagine si piega vorticosa, o come una pista di macchinine elettriche…trasmettendo la sensazione di un abissale narcisismo. Forse un atteggiamento critico verso l’avvento del digitale?

Ricorderei anche “Serotonino un eroe” (2003) impostato sul dialogo tra due fidanzati, argomento la noia che spinge alla creazione artistica. E’ un meccanismo espressivo ma anche decorativo. Rigido e coerente. L’immagine di Pecchioni prigioniera delle sue cornici bidimensionali è in piena tradizione videoart.
 

 “The way his consciousness works” del 2006 è una complicata fiction sperimentale oscillante tra le influenze di autori come Barney e Cronenberg. Il protagonista Hector è tormentato da immagini vuote, che definirei “non-immagini”…finestre tridimensionali in cui è riprodotto il deathframe televisivo
Le non-immagini sono protagoniste di “Traps for the time” (2007) in cui la fiction scompare nuovamente lasciando il campo a un radicalismo minimalista… La Gravida imago si manifesta nel suo “vuoto ideale”...come se le pareti del feto digerissero se stesse...


Mentre era impegnato con la videoart il collettivo Video & Archeos continuava a produrre fiction infatti capita di leggere che la prima webseries italiana siano stati gli Incontri a Gli Orci firmati proprio da Pecchioni. Ma anche in quei cortometraggi i protagonisti erano impegnati in una continua interrogazione sulla propria ricerca artistica e sulla propria schizofrenia creando feedback narrativi.
Forse non è un caso che l’attività videoart di Pecchioni si sia conclusa con l’abbandono dell’opera finita…. (vedi bio). Sembra che abbiano continuato per anni a compiere ritualità basate sull’utilizzo di telecamere analogiche e altri strumenti video. Di questa ricerca antropologica che sa di “osservazione partecipata” ma osservando se stessi…c’è solo qualche documento grezzo dove le figure sono occupate in attività impenetrabili astruse ma direi non artistiche.

Con le sue ritualità e con l’abbandono del narcisismo autoriale Pecchioni ha superato a modo suo la prigionia fluttuante dei dormienti sui Tavoli o dei Marinai tatuati , liberando la sua stessa immagine dalle catene della creazione artistica… ma proprio per questo esso sfugge ed è difficile contestualizzare la sua ricerca.


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